Un composto non psicoattivo contenuto nella cannabis e noto anche come CBD, ha fornito una prova diretta della capacità di bloccare la replicazione del coronavirus Sars-Cov-2. I test, condotti sia in modelli murini in vivo, sia in esperimenti di laboratorio con cellule polmonari umane, hanno dimostrato che il CBD (e il suo metabolita, 7-OH-CBD) sono in grado di inibire efficacemente il processo di replicazione virale, agendo dopo l’ingresso del virus nelle cellule attraverso un meccanismo in grado di interferire con l’espressione genica virale, ovvero il processo attraverso cui le informazioni contenute nel genoma del virus vengono tradotte in molecole funzionali.La scoperta, descritta in un articolo pubblicato su Science Advance, arriva dopo che un’analisi condotta dallo stesso gruppo di ricerca ha rivelato che le persone che assumevano olio di CBD come trattamento per l’epilessia risultavano positive al coronavirus con frequenza significativamente inferiore rispetto alle persone che non assumevano CBD. Ciò non significa che necessariamente il CBD riduca il rischio di infezione, in quanto per avere certezza di questa condizione sono necessarie più ricerche che confermino tale efficacia. Tuttavia, i ricercatori ritengono che quanto finora osservato sia abbastanza promettente per passare da una fase preclinica di valutazione a un protocollo sperimentale per lo studio clinico del CBD nella profilassi e nel trattamento dell’infezione da Sars-Cov-2 nell’uomo.
Tornando alla scoperta del meccanismo alla base dell’inibizione della replicazione virale, i ricercatori hanno chiarito che il CBD “agisce sovraregolando la risposta allo stress del reticolo endoplasmatico (ER) dell’RNasi ospite e le vie di segnalazione dell’interferone”. Questo effetto è stato osservato utilizzando tre diverse varianti di Sars-Cov-2, nei confronti delle quali è stata misurata l’attività antivirale del CBD e del suo metabolita in laboratorio. “Nessuno avrebbe mai pensato che il CBD bloccasse la replicazione virale, ma è quello che ha fatto” ha affermato la professoressa Marsha Rich Rosner dell’Università di Chicago e co-autrice corrispondente dello studio.
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La sperimentazione preclinica portata avanti dagli studiosi ha inoltre evidenziato che il trattamento di una settimana con CBD ha permesso di sopprimere l’infezione da Sars-Cov-2 nei topi, supportando la possibile associazione rilevata dall’analisi dei dati clinici di 1.212 pazienti della National Covid Cohort Collaborative, una partnership attiva negli Stati Uniti che mette a disposizione degli studiosi le informazioni cliniche relative al Covid per ricerca sui diversi aspetti legati alla pandemia. Quest’analisi, focalizzata a valutare i tassi di infezione nei pazienti che assumevano farmaci a base di CBD per l’epilessia, ha evidenziato che la positività è stata riscontrata in una percentuale significativamente inferiore di persone (6,2%) che utilizzavano medicinali con CBD rispetto a coloro che non assumevano tali farmaci (8,9%).
Ad ogni modo, i ricercatori hanno sottolineato che questi risultati dovrebbero essere considerati come preliminari e che il CBD non può certo essere considerato un sostituto né dei vaccini né delle attuali misure di sanità pubblica. Gli studiosi hanno inoltre evidenziato che i prodotti a base di CBD disponibili in commercio non rispecchiano l’elevata purezza e l’alta concentrazione del cannabidiolo utilizzato nell’ambito dello studio preclinico e nei test di laboratorio. “Andare a comprare dei muffin al CBD o mangiare orsetti gommosi non serve probabilmente a nulla – ha aggiunto Rosner – . Per ora, i nostri sono risultati preliminari, anche se molto promettenti. E non vediamo l’ora di vedere cosa ci diranno gli studi clinici su questo argomento”.