Originaria dell’Asia centrale e sacra per la gente hindu, la pianta era indicata in sanscrito con i termini bhanga, vijaya e ganjika; in hindi, ganja. È generalmente accettata l’ipotesi secondo cui la canapa sia giunta nelle Americhe dopo Colombo; tuttavia alcuni scienziati hanno trovato residui di cannabis, tabacco e foglie di coca in numerose mummie (1500 d.C.) scoperte in Perù.
Descrizione
Illustrazione di Cannabis sativa
La canapa è una pianta erbacea a ciclo annuale la cui altezza varia tra 1,5 e 6 metri, anche se alcune sottospecie hanno altezze finali che variano tra 0,5 (ruderalis) e 5 (sativa) metri. Presenta una lunga radice a fittone e un fusto, eretto o ramificato, con escrescenze resinose, angolate, a volte cave, specialmente al di sopra del primo paio di foglie.
Le foglie sono picciolate e provviste di stipole; ciascuna di esse è palmata, composta da 5 a 13 foglioline lanceolate, a margine dentato-seghettato, con punte acuminate fino a 10 cm di lunghezza e 1,5 cm di larghezza; nella parte bassa del fusto le foglie si presentano opposte, nella parte alta invece tendono a crescere alternate, soprattutto dopo il nono/decimo nodo della pianta, ovvero a maturazione sessuale avvenuta (dopo la fase vegetativa iniziale, nota popolarmente come “levata”).
Le piante di canapa sono sia monoiche (utili per la produzione di semi a uso alimentare) sia dioiche. I fiori maschili (staminiferi) sono riuniti in pannocchie terminali e ciascuno presenta 5 tepali fusi alla base e 5 stami.
I fiori femminili (pistilliferi) sono riuniti in gruppi di 2-6 alle ascelle di brattee formanti corte spighe; ognuno mostra un calice membranaceo che avvolge strettamente un ovario supero e uniloculare, sormontato da due stili e due stimmi.
La pianta germina in primavera e fiorisce in estate inoltrata, quando le ore di luce diminuiscono (è stato dimostrato che la durata del periodo vegetativo è influenzata dal fotoperiodo cui le piante vengono sottoposte; l’unica specie di Cannabis la cui fioritura non dipende dal fotoperiodo è la Cannabis ruderalis, la cui fioritura avviene automaticamente dopo un periodo di crescita vegetativa variabile tra 21 e 30 giorni circa, e si protrae per un arco di tempo di 4-6 settimane). Il periodo di fioritura varia molto a seconda delle specie e delle varietà considerate: piante di C. sativa, originarie della fascia equatoriale, tendono ad avere una fioritura molto duratura, fino a 14-16 settimane e oltre in alcune varietà, mentre varietà di C. indica, che ha origine nella fascia subtropicale/temperata, solitamente richiedono circa 8-10 settimane per portare le infiorescenze a maturazione. L’impollinazione è anemofila (trasporto tramite il vento). In autunno compaiono i frutti, degli acheni duri e globosi, ciascuno trattenente un seme con un endosperma carnoso ed embrione curvo.
Ingrandimento del fiore femminile di Cannabis Sativa; ben evidenti sono i “cristalli” di resina
Il contenuto di metaboliti secondari vincola la tassonomia in due sottogruppi o chemiotipi a seconda dell’enzima preposto nella biosintesi dei cannabinoidi. Si distingue il chemiotipo CBD, caratterizzato dall’enzima CBDA-sintetasi che contraddistingue la canapa destinata a usi agroindustriali e terapeutici e il chemiotipo THC caratterizzato dall’enzima THCA-sintetasi presente nelle varietà di cannabis destinate a produrre inflorescenze e medicamenti. L’ibrido f1 manifesta la contemporanea presenza di entrambi i maggiori cannabinoidi CBD e THC confermando l’aspetto politipico della cannabis.
I preparati psicoattivi come l’hashish e la marijuana sono costituiti dalla resina e dalle infiorescenze femminili ottenute appunto dal genotipo THCA-sintetasi. Tale sottogruppo fu coltivato fino alla seconda metà del secolo scorso, nonostante fosse stato proibito negli anni ’20-’30 l’uso come medicina (ma affrontando la questione terapeutica nei casi previsti impiegando tinture o estratti fitogalenici). Tali genotipi, fino ad allora, erano, per così dire, “domesticati” (se confrontati con i valori odierni), venendo impiegati nella costituzione di ibridi altamente produttivi utilizzati in campo industriale.
Analogamente, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, furono selezionate dapprima in Francia, Polonia e Russia le varietà destinate a usi esclusivamente agroindustriali, ottenute dal genotipo CBDA-sintetasi, distinte da un contenuto ormai irrisorio (se riferito ai valori originari) sia del metabolita specifico sia dei cannabinoidi minori. Ad oggi, la Commissione Europea ha creato una lista di 66 varietà coltivabili sul territorio europeo purché il contenuto di THC non sia superiore allo 0,2%
Storia
Prove dell’utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico, testimoniate dal ritrovamento di alcuni semi fossilizzati in una grotta in Romania. Il più antico manufatto umano ritrovato è un pezzo di stoffa di canapa risalente all’8000 a.C. La cannabis fornisce da millenni un’ottima fibra tessile, e principalmente per questo cominciò a essere coltivata in epoche storiche antiche, in Asia e in Medio Oriente. Già nel XVI secolo si cominciò a coltivarla nell’Inghilterra orientale, ma la sua produzione commerciale si iniziò in Occidente nel XVIII secolo. La fibra di canapa è stata per centinaia di anni la materia prima per la produzione di carta, ma dalla metà del Novecento, con l’avvento del proibizionismo, l’uso delle fibre della canapa è notevolmente ridotto.
Da Istituzioni scientifiche e tecniche di Agricoltura di Berti Pichat: la maciulla impiegata in Boemia per accelerare il lavoro tradizionalmente realizzato con mazze o grametto, la più primitiva delle macchine per separar la fibra dal midollo, operazione che chiude il ciclo della coltura. Biblioteca Nuova terra antica
La coltura della canapa per usi tessili ha un’antica tradizione in Italia, in gran parte legata all’espandersi delle Repubbliche marinare, che l’utilizzavano grandemente per le corde e le vele delle proprie flotte di guerra. La tradizione di utilizzarla per telerie a uso domestico è molto antica, e oggetti di artigianato che continuano a essere prodotti ancora oggi sono per esempio le tovaglie di canapa, tipiche della Romagna, decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde. Le repubbliche marinare iniziarono a commercializzare la canapa con le città anseatiche. Uno dei primi commercianti ad importare questo prodotto nel nord Europa fu Ronald Guternbach, un noto commerciante e politico di Lubecca del XIII secolo.
La coltivazione della pianta negli Stati Uniti risale probabilmente al XVIII secolo; una delle prime testimonianze in proposito è nel diario di George Washington (1765), dal quale risulta che egli personalmente coltivava piante di canapa.
Il Radicale 200 (麻 o má), il carattere cinese per indicare la canapa, raffigura due piante poste sotto una tettoia. L’uso di cannabis a Taiwan risale ad almeno 10.000 anni fa
Per quanto riguarda l’uso psicotropo, fumatori di cannabis dell’antichità furono popolazioni Hindu di India e Nepal. Nei Paesi arabi la resina della pianta di canapa fu consumata per secoli per le sue proprietà di alterazione della mente, in particolare dagli Hashashin, presenti in Siria. Il termine Hashashin dall’Arabo significherebbe “dediti al Hashish” o “fumatore di hashish”.
La cannabis fu anche utilizzata dagli Assiri, che ne appresero le proprietà psicoattive dagli Arii e grazie a essi, fu fatta conoscere e utilizzare anche a Sciti e Traci, che cominciarono a farne uso anche durante i loro riti religiosi. L’imperatore Shen Nung, padre della medicina cinese, includeva la canapa nella sua farmacopea, uno dei più antichi testi di medicina e prima descrizione di questa erba, datata 2700 a.C. La cultura cinese si interessò principalmente alle potenzialità curative, tralasciando quelli che erano i risultati secondari causati dalla sua assunzione. Era usata principalmente sotto forma di bevanda per curare patologie dolorose interne, mentre sotto forma di fumo se ne faceva uso per la cura del mal di denti, di pustole o di lacerazioni al cavo orale. Nel 2003 fu ritrovata in Cina una borsa di pelle contenente alcune tracce di cannabis e semi risalenti a 2.500 anni fa.
Le ripetute migrazioni delle popolazioni nomadi dell’Asia ne favorirono la diffusione nel medio oriente, nel mediterraneo, e infine nell’Europa occidentale. Alcune fonti ne hanno fatto risalire l’uso in Grecia già nell’800 a.C. Lo storico greco Erodoto nel V secolo a. C. racconta che presso gli Sciti, popolazione nomade indo-iraniana, quest’erba veniva spesso passata in giro e fumata nei banchetti e durante le cerimonie funebri, per mettere allegria.
Nell’Europa centrale, ancor prima dell’espansione dell’Impero romano, la cannabis era già coltivata e usata nelle isole britanniche dalle tribù dei Celti e dei Pitti (III- IV sec a.C.). Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia menziona le proprietà terapeutiche dell’erba, e ulteriori riferimenti si possono trovare nell’Antica Juliana del medico Nerone Discoprite. Nel Medioevo l’uso proseguì lecitamente sino al 1484, quando una bolla papale ne vietò l’uso ai fedeli.
Nell’Ottocento l’uso dell’hashish in Europa divenne una vera e propria moda: introdotto dallo psichiatra francese Jacques-Joseph Moreau, che nel 1840 descrisse gli effetti della droga in una relazione scientifica dopo averla provata su di sé, si diffuse ben presto specie negli ambienti artistici di quel tempo; tanto che a Parigi nacque il Club des Hashischins frequentato da poeti e scrittori come Victor Hugo, Alexandre Dumas, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac e Théophile Gautier.
Ganja è il termine in antica lingua sanscrita per la cannabis, oggi associato soprattutto alla cultura creolo-giamaicana, che lo utilizza per indicare la marijuana, ritenuta dai Rastafariani importante per la meditazione e la preghiera. Tale interpretazione ha trovato ulteriori conferme negli studi dell’antropologa Sula Benet che ritiene di aver trovato riferimenti a un uso sacrale della cannabis nella bibbia laddove si parla di kaneh bosm «canna odorosa» (קְנֵה בֹשֶׂם).
In Europa l’uso della cannabis come sostanza psicoattiva è abbastanza recente, probabilmente dovuto al fatto che in Europa si diffuse maggiormente la specie Cannabis sativa mentre la Cannabis indica, più ricca di principi attivi stupefacenti, è entrata in Europa molto più tardi, nell’Ottocento, forse grazie a Napoleone, interessato alla proprietà di questa pianta di alleviare il dolore e per i suoi effetti sedativi.
Coltivazione
In passato la coltivazione agricola della canapa era molto diffusa nelle zone medio-europee, per la sua facilità a crescere anche su terreni difficili da coltivare con altre specie di piante (terreni sabbiosi e zone paludose nelle pianure dei fiumi), e per la grande quantità di prodotti che se ne ricavavano: soprattutto fibre tessili, carta e corde dai fusti, olio dalla spremitura dei semi, e mangime e altri prodotti commestibili per il bestiame produttivo dalle foglie e dai semi.
Durante i secoli del trionfo della vela e delle grandi conquiste marittime europee la domanda di tele e cordami assicurò la straordinaria ricchezza dei comprensori la cui fertilità assicurava le canape di qualità migliori per l’armamento navale. Eccelsero tra le terre da canapa Bologna e Ferrara. Testimonia la vitalità dell’economia canapicola felsinea il maggiore agronomo bolognese del Seicento, Vincenzo Tanara, con una lunga, accurata descrizione della tecnica colturale.[29] Grazie alla qualità delle sue canape l’Italia, secondo produttore mondiale, assurse a primo fornitore della marina britannica. Con la diffusione delle navi a carbone cominciò il tramonto della produzione, causando nelle province canapicole una lenta ristrutturazione di tutte le rotazioni agrarie che durò un secolo.[30]
Dopo la colonizzazione dell’India e la rivoluzione agricola negli stati meridionali dell’America del Nord, l’aumento della produzione di tessili di cotone e juta, meno costosi, provocò un’ulteriore diminuzione della coltivazione della canapa. Dopo la prima guerra mondiale le corde di sostanze sintetiche sostituirono pian piano le corde di canapa e si sviluppò la tecnica per produrre carta dal legno.
Durante la seconda guerra mondiale, la produzione medioeuropea e mediterranea aumentava velocemente, perché le fibre tessili e gli oli sativi erano più costosi. In più, esisteva l’esigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da cui poter ricavare esplosivi ottenuti producendo nitrocellulosa.
Il proibizionismo commerciale
Negli anni trenta ci fu un rinnovato interesse per gli usi industriali della canapa: vennero studiati nuovi materiali ad alto contenuto di fibra, materie plastiche, cellulosa e carta di canapa. Con l’olio si producevano già in grande quantità vernici e carburante per auto. In quegli anni il magnate dell’automobile Henry Ford costruì un prototipo di automobile (la cosiddetta Ford Hemp Body Car[31]) in cui parte della carrozzeria era realizzata in fibra di canapa rendendo l’auto molto più leggera della media delle auto allora diffuse. Inoltre il motore funzionava a etanolo di canapa. Negli anni trenta la tecnologia eco-sostenibile della canapa appariva quindi in grado di fornire materie prime a numerosi settori dell’industria.
Tali presupposti non furono però confermati, si sarebbero invece costituiti interessi che si contrapponevano all’uso industriale della canapa. In particolare, la carta di giornale della catena Hearst era fabbricata a partire dal legno degli alberi con processi che richiedevano grandi quantità di solventi chimici a base di petrolio, forniti dalla industria chimica Du Pont. La Du Pont e la catena di giornali Hearst si sarebbero quindi coalizzate e con una campagna di stampa durata anni. La cannabis, da allora chiamata con il nome di “marijuana”, venne additata come causa di delitti efferati riportati dalla cronaca del tempo. Il nome messicano “marijuana” era stato probabilmente scelto al fine di mettere la canapa in cattiva luce, dato che il Messico era allora un paese “nemico” contro il quale gli Stati Uniti avevano appena combattuto una guerra di confine. “Marijuana” era un termine sconosciuto negli USA, l’opinione pubblica non sarebbe stata adeguatamente informata del fatto che il farmaco dalle proprietà rilassanti chiamato “cannabis” corrispondesse alla “marijuana”. Nel 1937 venne quindi approvata una legge che proibiva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, incluso a scopo industriale o medicamentale. Da allora negli USA e nel resto del mondo sono state arrestate centinaia di migliaia di persone per reati connessi al consumo, alla coltivazione o alla cessione di canapa. Un effetto del proibizionismo è stato quello di ridurne l’uso medico e industriale.
Effetti del proibizionismo al giorno d’oggi
È stato ipotizzato da alcuni che il mercato illegale della cannabis britannico sia dominato da varietà estremamente ricche in THC, fino a 4 volte i livelli normali, ovvero fino a una concentrazione del 30% (si veda teoria del 16 percento in tal senso), ma nel settembre del 2007 studi non ancora pubblicati dell’università di Oxford, ma anticipati dal Professor Iversen[32][33] asseriscono che, per quanto riguarda il mercato della cannabis britannica, i contenuti in THC della droga in vendita non sono in media superiori al 14%, ovvero sono solo raddoppiati dal 1995 al 2005, e che il campione con il più elevato tenore di THC non supererebbe il 24%, screditando così la precedente ipotesi. A facilitare il percorso verso percentuali più elevate è stata la tecnica di coltura indoor, che permette di ottimizzare la qualità del prodotto. Infatti, non è detto che non esistano varietà molto più ricche in THC, ma esse non sono dominanti sul mercato e probabilmente sono limitate a una fetta più ristretta del mercato. A questo si aggiunge un miglioramento delle tecniche di ibridazione che permettono di avere semi dal patrimonio genetico stabile.
Materia prima per tessili e carta
Fibre di canapa
Le fibre (tuttora utilizzate dagli idraulici come guarnizione) per migliaia di anni della civiltà umana sono state importanti mezzi per la produzione di tessili e corde. Per centinaia di anni (e fino a 50 anni fa) sono state la materia prima per la produzione di carta. Oggigiorno sono disponibili varietà selezionate di cannabis libere da principi psicoattivi, liberamente coltivabili in alcuni stati per usi tessili.
Composizione chimica
La resina può contenere a seconda dei casi fino a 60 cannabinoidi, 100 terpenoidi, 20 flavonoidi.
Cannabinoidi
Lo stesso argomento in dettaglio: Cannabinoidi e Delta-9-tetraidrocannabinolo. |
La struttura chimica dei cannabinoidi può essere descritta come quella di un terpene unito a un resorcinolo a sostituzione alchilica, oppure come quella di un sistema ad anello benzopiranico. Le due descrizioni implicano anche una nomenclatura differente, con la prima il principale cannabinoide viene definito come delta-1-tetraidrocannabinolo (delta-1-THC) mentre con la seconda diventa delta-9-THC (entrambi chiamati più semplicemente THC).
I cannabinoidi finora riscontrati si possono dividere in “tipi” chimici (tra parentesi l’abbreviazione e il numero di composti):
- tipo cannabigerolo (CBG; 6);
- tipo cannabicromene (CBC; 5);
- tipo cannabidiolo (CBD; 7);
- tipo delta-9-THC (D-9-THC; 9);
- tipo delta-8-THC (D-8-THC; 1, prob. artefatto);
- tipo cannabinolo (CBN; 1, prob. artefatto);
- tipo cannabinodiolo (prob. artefatto);
- tipo cannabiciclolo (3);
- tipo cannabielsoino (5);
- tipo canabitriolo (9);
- tetraidrocannabivarina (THCV)
Contenuto in THC
Il contenuto di THC è molto variabile, con una forbice che va dallo 0,2% a circa il 25% (sebbene coltivatori esperti e professionisti del settore possono ottenere percentuali maggiori). Sono diversi i fattori che determinano la percentuale di THC prodotto da una pianta, in primis troviamo varietà, metodi e luogo di coltivazione, scopo ultimo della coltivazione.
Terpenoidi
Principali: beta-mircene; beta-cariofillene; d-limonene; linalolo; pulegone; 1,8-cineolo; alfa-pinene; alfa-terpineolo; terpinen-4-olo; p-cimene; borneolo; delta-3-carene; beta-farnesene; alfa-selinene; fellandrene; piperidina.
Flavonoidi
Principali: apigenina; quercetina; cannaflavina.
Proprietà farmacologiche
Logo di distributore, Stati Uniti, 1917
Al di là delle controversie sull’uso della canapa come stupefacente, va considerato che essa è stata per migliaia di anni un’importantissima pianta medicinale, fino all’avvento del proibizionismo della cannabis. A ogni modo negli ultimi decenni si è accumulato un certo volume di ricerche sulle attività farmacologiche della cannabis e sulle sue possibili applicazioni.
Il più noto promotore, nonché studioso, degli usi terapeutici della pianta di cannabis e della sua decriminalizzazione è il prof. Lester Grinspoon, psichiatra e professore emerito dell’Università di Harvard. Negli Stati Uniti, Lester Grinspoon chiarisce come la cannabis sia uno dei farmaci conosciuti meno tossici, e suggerisce di alleggerire le politiche repressive nate da interessi economici contrapposti a quelli scientifici.[34]
Il più famoso attivista antiproibizionista è stato forse l’americano Jack Herer, autore del best seller del 1985 The Emperor Wears No Clothes.
Una meta-analisi del 2000 (che analizza tutti gli studi clinici pubblicati fino al 2000) conclude che la cannabis è efficace nel dolore neuropatico e spastico, meno in altri tipi di dolore. Ma successivi studi clinici hanno mostrato effetti significativi anche nel dolore tumorale, e hanno confermato l’ottima attività per il dolore neuropatico e per i sintomi dolorosi nella sclerosi multipla (spasticità, sintomi della vescica, qualità del sonno).
Nel 2007, presso l’Ospedale di Rotterdam, è stato verificato che nella terapia di malati di cancro il consumo di canapa (consumata anche come tisana) non interferisce con i farmaci anticancro più comunemente utilizzati.[35] Gerarchia delle possibili indicazioni terapeutiche
- Effetti stabiliti da studi clinici contro: nausea e vomito, anoressia e cachessia, spasticità, condizioni dolorose (in particolare dolore neurogeno)
- Effetti relativamente ben confermati contro: disordini del movimento, asma e glaucoma
- Effetti meno confermati contro: allergie, infiammazioni, infezioni, epilessia, depressione, disordini bipolari, ansia, dipendenza, sindrome d’astinenza
- Effetti allo stadio di ricerca contro: malattie autoimmuni, cancro, neuroprotezione, febbre, disordini della pressione arteriosa.
Sono anche numerose le testimonianze di coloro che sono riusciti a superare la dipendenza dall’alcol o dalla cocaina grazie all’utilizzo della cannabis [4], che a differenza delle precedenti sostanze non porta a una dipendenza fisica confrontabile, ad esempio, con quella generata dalla nicotina.
Si stanno inoltre testando nel mondo farmaci che contengono una versione sintetica di alcuni dei principi attivi della cannabis (dronabinol, HU-210, levonantradolo, nabilone, SR 141716 A, Win 55212-2), ma questi per ora hanno mostrato molti più effetti collaterali e svantaggi rispetto alla pianta naturale.
Il Canada, il 20 giugno 2005, è stato il primo paese ad autorizzare la messa in commercio di un estratto totale di cannabis sotto forma di spray sublinguale Sativex standardizzato per THC e CBD, per il trattamento del dolore neuropatico dei malati di sclerosi multipla e cancro. Nel 2006 il Sativex è stato approvato negli Stati Uniti per essere sottoposto a studi clinici di Fase III per dolore intrattabile in pazienti con tumore.
Meccanismi d’azione
I cannabinoidi si legano a specifici recettori (recettori CB, di tipo 1 e 2) nel sistema cannabinergico, un sistema legato alla presenza di cannabinoidi endogeni o endocannabinoidi. I recettori CB1 e CB2 sono distribuiti in maniera molto differente, con i CB1 sostanzialmente concentrati nel sistema nervoso centrale (talamo e corteccia, ma anche altre strutture) e i CB2 sostanzialmente nelle cellule del sistema immunitario. Il legame dei cannabinoidi ai recettori CB1 causa un’inibizione presinaptica del rilascio di vari neurotrasmettitori (in particolare NMDA e glutammato), e una stimolazione delle aree della sostanza grigia periacqueduttale (PAG) e del midollo rostrale ventromediale (RVM), che a loro volta inibiscono le vie nervose ascendenti del dolore. A livello del midollo spinale il legame dei cannabinoidi ai recettori CB1 causa un’inibizione delle fibre afferenti a livello del corno dorsale, e a livello periferico il legame dei cannabinoidi con i recettori CB1 e CB2 causa una riduzione della secrezione di vari prostanoidi e citochine proinfiammatorie, la inibizione di PKA e C e del segnale doloroso. Inoltre è stato dimostrato che il THC interagisce con il sistema endorfinico e in particolare con i recettori oppioidi μ1, causando il rilascio di dopamina nel nucleus accumbens e generando la tipica sensazione di piacere cannabinoide.
Psicoattivo
Una pianta femminile 8 settimane dopo l’inizio della fioritura
Come sostanza psicoattiva vengono usate solo alcune parti, prevalentemente i fiori femminili (marijuana) e la loro resina (hashish) fumati, inalati o ingeriti. Il principale agente psicoattivo della cannabis è il THC. La temperatura elevata raggiunta durante la cottura o la combustione provoca la decarbossilazione dell’acido tetraidrocannabinoico in delta-9 THC, aumentando la quantità assorbita di quest’ultimo.
L’hashish preparato per scopi commerciali contiene un’elevata quantità di sostanze variabili (naturali e non) allo scopo di aumentarne il peso per trarre maggiore profitto. Le sostanze assunte con l’uso della cannabis hanno un effetto “dispercettivo” che amplifica le sensazioni, e gli effetti dell’assunzione sono dunque molteplici. Tra quelli più frequentemente descritti si possono elencare: una sensazione di benessere, ilarità, maggiore coinvolgimento nelle attività ricreative, alterazione della percezione del tempo e assenza di atti aggressivi o reazioni violente (al contrario dell’alcool). La generale intensificazione delle sensazioni e delle emozioni può comprendere anche quelle legate a situazioni o pensieri spiacevoli, normalmente tollerabili o inconsci e può determinare, in questi casi, stati fortemente ansiosi, atteggiamenti e pensieri paranoici, limitatamente alla durata dello stato di intossicazione. Uno studio su circa 1.300 pazienti del Maryland non ha rilevato differenze in declino cognitivo fra consumatori leggeri, consumatori assidui e non-utilizzatori di cannabis.
Nel marzo 2007, la rivista scientifica The Lancet ha pubblicato uno studio dal quale si evince la minore pericolosità della marijuana rispetto ad alcool, tabacco o benzodiazepine: ricerche confermano questo studi]. Non esistono casi documentati di overdose dovuta all’abuso di questa sostanza, in quanto il THC ha una tossicità estremamente bassa e i metodi di assunzione più utilizzati non consentono di assorbirne una quantità così elevata; il rapporto tra la dose letale e quella necessaria per saturare i recettori è di 1.000:1. Una ricerca del professor David Nutt dell’Università di Bristol, presidente del comitato britannico che svolge il ruolo di consulente governativo in materia di droghe, conferma la minore pericolosità della cannabis rispetto ad alcool e tabacco.
Studi sugli effetti antitumorali del THC
Animazione tridimensionale di una molecola di THC.
Uno studio pubblicato nell’edizione dell’aprile 2009 del Journal of Clinical Investigation, condotto all’Università Complutense di Madrid, ha dimostrato che il principio attivo THC potrebbe avere effetti antitumorali.
I ricercatori hanno iniettato una dose quotidiana di THC in topi di laboratorio nei quali erano stati sviluppati tumori e hanno constatato un processo di autodistruzione per autofagia delle cellule cancerogene. La somministrazione di THC, secondo l’équipe responsabile dello studio, guidata dal professor Guillermo Velasco, ha ridotto di oltre l’80% la crescita dei tumori derivati da vari tipi di cellula.
Un esperimento clinico condotto dall’équipe di Velasco, con iniezioni intracraniche di THC per 26-30 giorni, su due pazienti colpiti da un tumore aggressivo al cervello ha mostrato un processo di morte delle cellule tumorali.
Molti altri studi pubblicati su autorevoli riviste scientifiche mostrano come in diverse condizioni di studio cannabinoidi di diverso tipo siano in grado di ridurre la vitalità di diversi tipi di cellule colpite da cancro financo ad innescare meccanismi pro-apoptotici, interagendo contro di esse sia in modalità effettrice che interferente.
Alcuni studi mostrano come le preparazioni vegetali mostrino per molti versi maggiore efficacia rispetto alle molecole isolate.
Altri studi mostrano come in diversi casi l’effetto antitumorale possa variare a seconda dei cannabinoidi usati e delle concentrazioni eventualmente raggiunte nell’ambiente che circonda le cellule tumorali.
I primi studi scientifici nei quali si è potuto osservare con sufficiente confidenza tali caratteristiche anticancerogene risalgono al 1975.
Effetti palliativi
Fino agli anni settanta nella medicina popolare alcuni preparati erano utilizzati per gli effetti palliativi sotto citati.
- I preparati sistemici (orale) hanno effetti distensivi, appetitostimolanti e leggermente anestetici ed euforizzanti.
- I preparati topici (spalmati localmente) sono spasmolitici e analgesici e specialmente utilizzati per dolori cronici.
Si usava anche la resina come callifugo.
Usi
Prima dell’avvento del proibizionismo della cannabis le diverse varietà della canapa erano coltivate in tutto il mondo fin dall’antichità, e utilizzate in vari e numerosissimi campi: il fusto costituiva la materia prima per la produzione di carta[53], fibre tessili in genere (corde, abbigliamento, ecc.), fibre plastiche, e concimi naturali; nella medicina umana e veterinaria le foglie e soprattutto i fiori erano molto utilizzati per vari scopi fra i quali, ad esempio, l’uso antinfiammatorio e sostituivano in quel periodo molti dei farmaci presenti oggi sul mercato. Con la canapa si possono produrre anche cosmetici come creme, shampoo e saponi.
I cannabinoidi presenti sulla superficie della pianta hanno anche mostrato in laboratorio[54] di essere dei potenti antibatterici attivi contro diversi ceppi di Staffilococco Aureo resistente alla meticillina.
Uso industriale
Ulteriori utilizzi prima della proibizione sono stati fatti nella creazione di una delle prime automobili prodotte in serie (la Ford T del 1923)[senza fonte], un prototipo, detto Hemp Body Car, composto per più del 60% di materiali derivati dalla canapa. Perfino le case erano costruite in buona parte con prodotti derivati dalla cannabis (vernici, colle, mattoni, rivestimenti)[senza fonte].
I semi sono molto ricchi di acidi linoleici, vitamine e amminoacidi essenziali, e costituiscono un alimento completo; sono usati anche per la spremitura di un olio, l’olio di semi di canapa, che ha un uso alimentare, ma è valido anche come combustibile.
Con la proibizione della canapa il maggior uso della pianta nei paesi occidentali si è ridotto a quello ricreativo. Alcune varietà della pianta presentano infatti un’elevata percentuale di THCA, il cannabinoide non psicoattivo costituente gran parte del sistema immunitario della pianta il quale, se ingerito e/o sottoposto ad alte temperature degrada per decarbossilazione nel THC (psicoattivo). I cannabinoidi sono sostanze chimiche di origine naturale, biochimicamente classificati come terpenofenoli. Sono composti accomunati dalla capacità di interagire con i recettori cannabinoidi del corpo umano e degli altri animali.
Uso dei semi
Semi non ancora separati dalla pianta
I semi di canapa costituivano un ingrediente tradizionale di molte cucine orientali (ad esempio in Nepal) e di alcune zone della Russia, che li impiegavano in una sorta di farinata, tipicamente nei periodi di carestia. Il seme di canapa infatti fornisce all’uomo un altissimo nutrimento, tanto che poche fonti vegetali possono competere con il suo valore nutrizionale. La farina ricavata dalla macinazione del seme della canapa può essere usata anche per fare una pasta in tutto simile a quella di grano tenero, ma dal colore più scuro.
La composizione proteica del seme di canapa è a ogni modo unica nel regno vegetale, ed è tra le fonti vegetali più ricche di acidi grassi polinsaturi. Il 65% delle proteine sono globuline edestine; il contenuto di edestina, eccezionalmente alto, combinato con l’albumina, altra proteina globulare presente in tutti i semi, rende immediatamente disponibili tutti gli amminoacidi. Le proteine del seme di cannabis permettono poi di ottenere il massimo nutrimento per chi soffre di tubercolosi, e altre malattie che provocano un blocco del sistema digestivo.
Gli estratti di semi di canapa, come quelli di soia, possono essere insaporiti per avere il gusto di pollo, di carne di manzo, o di maiale, e possono essere usati per produrre una sorta di tofu, panna o margarina, a un costo inferiore di quello dei fagioli di soia. La germinazione di qualsiasi seme aumenta il suo valore nutrizionale, e anche il seme di canapa può essere maltato e usato come ogni altro nelle insalate o nelle ricette. Dai semi è possibile ricavarne il latte (con sapore simile alla nocciola) come i fagioli di soia. Possono infine essere macinati e usati come farina, oppure cotti, addolciti e mescolati con il latte per farne una nutriente colazione, simile alle creme di avena o di grano. Questo tipo di farinata è nota come gruel, cioè quasi una farinata d’avena.
Fornitore di olio
I semi contengono oltre a proteine e carboidrati – circa 30% – un olio molto ricco di acidi linolenici senza alcun effetto psicoattivo. L’olio ha un gusto fortemente linolico e viene ancora usato come olio speziato. È anche diffuso in molti prodotti cosmetici. Il sottoprodotto dei semi pressati per estrarre l’olio è un agglomerato altamente proteico. Questo agglomerato è stato uno dei principali mangimi per animali fino al secolo scorso. Il seme di canapa può fornire una dieta quasi completa per tutti gli animali addomesticati (cani e gatti), per molti animali da fattoria e il pollame, e permette il raggiungimento del loro massimo peso con un costo inferiore a quello dei mangimi impiegati. E senza bisogno di usare steroidi per la crescita artificiale e altri farmaci potenzialmente tossici.
Combustibile e utilizzo nel settore automobilistico
L’olio estratto dalla cannabis può essere utilizzato in alcuni tipi di motore, in particolare come biodiesel.
Nel 1937 Henry Ford creò la Hemp Body Car, in gran parte realizzata in canapa e alimentata a etanolo di canapa. Ford morì sei anni dopo e, nel 1955, la coltivazione della canapa venne proibita negli Usa, dunque la vettura non entrò mai in produzione.
Molti ritengono che la proclamazione di leggi proibizionistiche nei confronti della cannabis negli Stati Uniti prima della seconda guerra mondiale sia stata anche legata alla concorrenza tra la nascente industria chimico petrolifera e la possibilità di usare l’olio di questa pianta come combustibile. Questo è dimostrato anche dalla riduzione dei prezzi del petrolio al 50% operata proprio per fare concorrenza all’olio combustibile naturale, prezzo su cui si sono innestati i vari rialzi che hanno portato all’odierna offerta.
L’utilizzo della canapa nel settore automobilistico fu ripreso dalla casa inglese Lotus negli anni del 2000.
Etanolo di canapa
L’etanolo di canapa viene ricavato dal fusto della pianta fatto fermentare.[65][66]
Incroci e varietà a uso non tessile
Esiste una controversia filogenetica concernente il considerare tre specie distinte di cannabis (Cannabis sativa, Cannabis indica e Cannabis ruderalis) o una singola specie con più varietà. Molti studiosi oggi ritengono che si tratti di un’unica specie che varia il proprio fenotipo a seconda delle aree in cui cresce, dell’altitudine, delle caratteristiche del suolo, eccetera.
In questa chiave, la Cannabis varietas sativa è una pianta alta fino a oltre i 2 metri e stretta, con foglie dalle dita sottili, tipica di ambienti caldi come il Sudafrica, la Thailandia, lo Sri Lanka, l’America centro-meridionale, eccetera; la Cannabis varietas indica è invece una variante acclimatata ai rigidi ambienti di montagna come l’Himalaya, l’Afghanistan, il Pakistan (specie bassa, tozza, a forma di cespuglio, con foglie dalle dita molto grosse e contenuto di THC accentuato), mentre la Cannabis varietas ruderalis infine è una variante adattata ai lunghi e rigidi inverni russi, da cui la sua caratteristica specifica di scarso fotoperiodismo ovvero non dipendere dal numero di ore di luce giornaliero, per andare in fioritura (varietà autofiorente) come fanno invece la Cannabis sativa e indica, che sono piante annuali e che hanno bisogno di percepire l’arrivo dell’inverno e la conseguente riduzione di ore solari per fiorire.
Immagine che illustra le tre differenti varietà naturali di Cannabis
Gli effetti dei derivati di Cannabis sativa e Cannabis indica sono lievemente differenti fra loro, sia a causa della percentuale di THC, tetraidrocannabinoli, contenuta sia delle diverse concentrazioni, a seconda della specie, di altri cannabinoidi come il CBD, Cannabidiolo, che modificano il tipo di effetto percepito.
Per fare un semplice parallelismo, la Cannabis sativa potrebbe essere paragonabile in questo senso a un vino bianco, è più “leggera” e dà una sensazione soprattutto “mentale” e “cerebrale”, in grado generalmente di stimolare la creatività e l’attività; la Cannabis indica è paragonabile invece a un vino rosso, con il suo effetto più corposo, “ottundente” e “fisico”, che stimola in genere la meditazione e il rilassamento. La ruderalis poi, povera in THC, ha ottenuto successo nell’ambito della produzione di marijuana perché, incrociata appropriatamente con piante di indica e di sativa, è in grado di generare ibridi autofiorenti, che conservano le proprietà psicotrope di una linea genetica e acquisiscono le proprietà autofiorenti e di fioritura precoce tipiche della ruderalis, qualità apprezzabili nell’ottica della coltivazione indoor.
Tutte le specie (o varietà che siano) di cannabis possono infatti essere incrociate fra loro e generare semi che daranno vita a ibridi fertili. Questa possibilità permette di generare varietà ibride F1, incrociate a percentuale variabile fra indica e sativa, il che fa sì che si possano creare ulteriori ibridi fra le nuove sottospecie stabili, aprendo la possibilità a un enorme numero di combinazioni differenti esattamente come succede, ad esempio, nel mondo della selezione dei cani.
Ibridare due piante di varietà differenti e riuscire a stabilizzare la nuova varietà (permettere cioè che i caratteri dominanti e recessivi si mantengano poi inalterati ai discendenti se l’esemplare è accoppiato con uno della medesima varietà) consente di selezionare le caratteristiche preferite e dar luogo a innumerevoli varianti, diversissime per aspetto, proprietà organolettiche e psicotrope. Nei Paesi Bassi, dove l’industria della cannabis è in qualche misura tollerata, esistono infatti svariate aziende che offrono in vendita semi (legali anche in Italia in quanto non contenenti THC) di varietà differenti, ognuna con le proprie caratteristiche specifiche e il proprio corredo genetico. In genere le varietà 100% indica o 100% sativa sono sottospecie già presenti in natura come la Durban Poison e la Thai (piante di sativa) o la Ganja indiana e le varietà afghane (piante di indica).
Alcuni degli incroci più apprezzati prodotti da queste seed bank sono ad esempio “Skunk“, “White widow“, “Northern Lights”, “Cheese”, “AK-47”, “Orange Bud”, “Silver Haze“, “G-13”, “Hash Plant”, “Jack Herer”.
Va infine notato che l’erba più pregiata è sprovvista di semi (sinsemilla) in quanto non viene fatta impollinare dal maschio: la produzione di semi infatti priverebbe la pianta di energie e nutrienti necessari invece, ai fini del raccolto, per creare un maggiore quantitativo di resina. La marijuana comune che si trova in genere sul mercato è invece un’erba povera in THC e contenente di solito semi, coltivata senza cure botaniche particolari allo scopo di essere messa in commercio il prima possibile: gli incroci controllati di cui sopra vengono al contrario ibridati e coltivati generalmente da amatori o professionisti, i quali fanno impollinare solo le piante dalle quali vogliano poi ricavare ulteriori semi.
Parassiti
I principali parassiti della cannabis sono il ragnetto rosso e gli aleurodidi.
Il ragnetto rosso è un piccolo acaro che vive solitamente sulla lamina inferiore delle foglie, dove depone le sue uova e può arrivare a formare colonie molto numerose.
Gli aleurodidi, chiamati comunemente mosche bianche, secernono con il movimento delle ali una finissima polvere bianca che si può notare scuotendo la pianta. Le deiezioni delle larve tendono a coprire la lamina inferiore delle foglie, su cui vivono, facendo sì che esse assumano un aspetto lucido e colloso.
Eventi e manifestazioni
La Million Marijuana March di Madrid
- Dal 1987 una volta l’anno, la terza settimana di novembre, la rivista statunitense High Times organizza nei Paesi Bassi la Cannabis Cup.
- Dal 2004 la rivista olandese Highlife organizza anch’essa una competizione che si svolge annualmente in una città dei Paesi Bassi. La manifestazione fa tappa anche a Barcellona. L’evento, che prende il nome Highlife BCN,[76] ha toccato nel 2007 la quota di 18.000 visitatori.
- Anche in Italia dal 2006 al Palanord di Bologna agli inizi di giugno si svolge Cannabis Tipo Forte, fiera internazionale della canapa medica e industriale.
- Dal 1999, il primo sabato di maggio è organizzata una manifestazione in contemporanea in diverse città del mondo (più di 200) per la legalizzazione della marijuana chiamata Million Marijuana March.
- Dal 2001 CannaTrade.ch è la fiera internazionale della canapa che si tiene annualmente in Svizzera. Dalla piccola fiera locale negli scorsi anni si è trasformata in un evento di rilevanza mondiale, incontro privilegiato del settore mondiale della canapa.
- Dal 2003, il terzo venerdì di marzo, si svolge una volta all’anno lo “Spannabis” a Barcellona, una fiera dedicata interamente agli usi medici, industriali e ricreativi della cannabis e dei suoi derivati. “Spannabis” ospita oltre 100 espositori ogni anno provenienti da ogni parte del mondo e accoglie in media 10.000 visitatori all’anno.
Riferimenti normativi
- Decreto ministeriale 4 novembre 2019 – Definizione di livelli massimi di tetraidrocannabinolo (THC) negli alimenti.